"Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro il tizio per farsi coraggio si ripete: fino a qui tutto bene... fino a qui tutto bene... fino a qui tutto bene. Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio."
Con queste parole inizia (e finisce) La Haine (L'Odio) di Mathieu Kassovitz. Il film è ambizioso e pretenzioso, la parabola che lo pervade completamente è che l'odio genera altro odio, e l'uomo che cade non è un uomo ma la società stessa. Girato completamente in bianco e nero, La Haine racconta una giornata di tre giovani sbandati della periferia parigina, tre giovani ognuno rappresentante di una minoranza oppressa (sono un nero, un algerino ed un ebreo), e comunque del popolo intero degli emarginati. Emarginati che hanno dentro di sè molto odio, che aspetta solo di esplodere, proprio quando uno di loro trova una pistola persa da un poliziotto durante degli scontri di piazza. E non è certo l'inizio dei problemi, di certo non la causa, ma l'effetto di un problema insito nella società stessa.
Dunque dicevamo un film pretenzioso. Ma corrisponde poi a tutte queste pretese? Si. E no.
E' un ottimo film, dal punto di vista della fotografia, delle riprese, della colonna sonora (piacerebbe parecchio a Jody) e della storia stessa; ma sono i protagonisti a non convincere: troppe parolacce immotivate, troppe persone fuori dalle righe, situazioni troppo assurde. La morale poi è spiattellata troppo facilmente. Insomma TROPPE cose spinte all'estremo. La trama poi sembra essere composta da varie singole scene, ognuna con un proprio ritmo, ma senza averne uno comune di fondo (o quasi). Non che sia un errore, ma sinceramente avrei preferito vedere più approfondita la psicologia dei protagonisti in un paio di scene in più - tagliandone altre sicuramente interessanti, ma inutili ai fini del film. In sostanza: Un film brillante per la maniera in cui è girato ma un pò ingenuo nelle tematiche trattate. Sicuramente merita di essere visto.
Voto: 7 e 1/2