Sono due anni ormai che conosco Jenny, gli anni più strani della mia vita. La vidi per la prima volta una mattina di settembre, una mattina ubriaca di sole, alla stazione Termini. Al binario per Siena c'era molta gente e le panchine erano tutte occupate. Mi guardai un po' intorno, rassegnato a dover aspettare il treno in piedi. Jenny era seduta per terra poco lontano da me e scriveva su un foglietto strappato, con aria assorta: indossava un paio di jeans chiari, una maglietta colorata e aveva vicino a sé uno zaino rosso. Stetti a guardarla un istante e poi guardai me: ricordo di non aver mai provato tanto fastidio per i miei pantaloni scuri, eleganti, per le mie scarpe lucide e la mia camicia bianca finissima. A Siena mi aspettava un appuntamento di lavoro. Mi appoggiai ad una colonna con le mani dietro la schiena, ad aspettare.. Quella fu la prima volta che vidi Jenny.
Quando arrivammo a Siena, lo stesso giorno, conclusi i miei impegni in fretta perché nel pomeriggio volevo fare un giro a Piazza del Campo, inondata dal sole. La gente se ne stava seduta sui mattoncini con le ginocchia raccolte al petto a chiacchierare, parole di nulla, leggere e dimenticate. Riconobbi un po' in disparte la maglietta colorata di Jenny, la ragazza della stazione: anche lei se ne stava seduta con le ginocchia al petto, i capelli sciolti lungo le spalle, e teneva gli occhi chiusi. Dimenticai di essere vestito bene questa volta e mi sedetti accanto a lei. Jenny si voltò senza mostrare alcuna sorpresa: uno sguardo chiaro il suo, come i cieli di Grecia. "Hai fatto bene a sederti - mi disse semplicemente - adesso chiudi gli occhi e cerca di assorbire quanta più luce puoi: sta arrivando l'inverno e avremo bisogno di un po' di luce a cui far ricorso nelle giornate buie". E io sorrisi, perché pensai che era proprio ciò di cui avevo bisogno, un po' di luce per l'inverno. Chiusi gli occhi e volsi il viso verso il sole. Così è Jenny. Continuammo a parlare a lungo quel pomeriggio sui mattoncini della piazza, io e lei. Seppi che quella mattina si era svegliata pensando a Siena, desiderando di essere lì e aveva preso il treno senza pensarci due volte. Non lo fa sempre ma qualche volta lo fa. Così è Jenny.
Adesso so che lei vive non molto lontano da casa mia. Una volta alla settimana dorme nel mio letto e io aspetto sempre quel giorno con ansia. Quando viene rimango molto tempo a guardarla mentre se ne sta sdraiata vicino a me, perché sono affascinato dal modo in cui dorme: è tranquilla e le si vede in volto che sta sognando. A guardarla bene a volte mi sembra di poter indovinare addirittura cosa sogna. Mi piace poi, la mattina, quando mi sveglio, sapere che lei è in casa, sentire il rumore che fa mentre prepara il latte in cucina; e a me il latte non piace ma credo che non glielo dirò mai. Qualche volta ce ne andiamo in giro insieme per la città, perché adora stare in mezzo alla gente ma solo se non è per molto tempo. Ogni tanto c'è qualcosa che la colpisce, un gesto, un volto, una camminata e rimane ferma un istante, ma quello che vede quasi sempre se lo tiene per sé.
In questi due anni che la conosco, è capitato qualche volta che se ne sia andata. Anzi capita spesso che Jenny non ci sia. La prima volta sparì per un mese circa senza darmi notizie e ricordo che stetti malissimo, che non facevo altro che camminare, per cercarla. Poi un bel giorno la incontrai per strada che era ormai giugno e indossava un vestito leggero a fiori. Lei mi sorrise al suo modo e io pensai che volevo lasciarla lì, girarmi ed andarmene senza aggiungere altro; ma non lo feci perché sapevo che lei non mi avrebbe seguito.
Sparì molte altre volte ancora Jenny, e continua a farlo di tanto in tanto. Adesso quando torna mi racconta dei suoi viaggi, delle spiagge, dei cieli, dei boschi e dei folletti che li popolano; e io la ascolto con attenzione perché sono preoccupato che prima o poi, in uno di questi viaggi, qualcosa di brutto possa contaminarla.
So che arriverà un giorno in cui non sarò più capace di accoglierla se se ne andrà. Lo so e so anche che non è molto lontano. Il giorno in cui mi sveglierò e sentirò di non poter più aspettare. Ma se quel giorno lei sarà distesa nel letto, accanto a me, sono sicuro che non se ne andrà più. Avrà scelto me. E io avrò luce abbastanza per molti inverni.
silvia