Queste pagine provengono dalla tesina del mio esame di maturità (luglio 1999), riguardante questa strana cosa che sono le onde gravitazionali. Se sei curioso, l’argomento è trattato in maniera semplice, quindi non ti spaventare!
In questa prima parte spiego la differenza tra onde gravitazionali ed onde elettromagnetiche, poi i meccanismi di formazione e propagazione e le possibili sorgenti di onde gravitazionali.
La seconda parte segue la prima conferma della teoria, la storia della ricerca e le realizzazioni ed i progetti italiani.
Introduzione
La forza gravitazionale è nota all’uomo sin dall’origine della vita, nella sua veste di forza peso, che ci vincola alla superficie terrestre. Nel secolo scorso l’uomo si è accorto dell’esistenza di altre due forze, quella elettrica e quella magnetica, le quali, come ha evidenziato Maxwell, in realtà erano da considerare come due aspetti diversi di una stessa forza, detta elettromagnetica. In questo secolo l’ulteriore sviluppo della tecnologia ha reso possibile lo studio di altri fenomeni, per spiegare i quali è stato necessario ipotizzare l’esistenza di due ulteriori forze: la forza nucleare e quella debole; nel 1976 è stata formulata l’ipotesi, tuttora ritenuta corretta, che la forza debole è in realtà interpretabile come un diverso aspetto della forza elettromagnetica.
Pertanto oggi si è a conoscenza di tre forze fondamentali: la forza gravitazionale, quella elettrodebole e quella nucleare. Paradossalmente, di queste tre forze quella gravitazionale è la meno nota, pur essendo la più antica; la causa di questa “stranezza” sta nel fatto che essa è la meno forte delle tre e pertanto, nell’esecuzione di un esperimento, i suoi effetti vengono mascherati da quelli dovuti alle altre due forze. Soltanto se si considerano corpi di grandi dimensioni, come i corpi celesti, la forza gravitazionale diventa predominante. Ciò accade perché la forza elettrodebole è dovuta a cariche elettriche sia positive che negative, le quali su un corpo di grandi dimensioni statisticamente si annullano; la forza nucleare invece ha un raggio d’azione molto limitato ed a grandi distanze il suo valore risulta trascurabile.
Un grande passo in avanti nella comprensione della forza gravitazionale è stato compiuto nel 1916 con la presentazione della teoria della Relatività Generale, nella quale la forza gravitazionale, causa del moto dei corpi celesti, viene interpretata in termini di curvatura dello spazio-tempo quadridimensionale; secondo Einstein questa curvatura è determinata dalla massa gravitazionale propria dei corpi. In caso di assenza di materia la curvatura è nulla ed allora lo spazio si dice piatto; in questa situazione valgono localmente le leggi della geometria di Euclide. Le equazioni della relatività generale permettono di trovare la metrica ed il grado di curvatura dello spazio-tempo, attraverso la quale si possono calcolare le traiettorie dei corpi celesti.
Una soluzione semplice delle equazioni fu trovata dallo stesso Einstein nei suoi lavori del 1916: tale soluzione esprime il fatto che grandi masse accelerate debbano irraggiare campi gravitazionali, che si trasmettono da un punto all’altro dello spazio come onde che si muovono alla velocità della luce. L’arrivo di un’onda gravitazionale in una regione dello spazio produce una curvatura, agendo con un’intensità pari a h=2*L/d (dove d rappresenta la distanza tra due masse-campione e L la sua variazione). In realtà Einstein non aveva un’idea molto chiara del meccanismo di propagazione delle onde gravitazionali e dell’entità del loro effetto sulla materia, ma aveva comunque intuito l’esistenza di una forma di propagazione di energia del tutto sconosciuta all’epoca.
La previsione dell’esistenza di onde gravitazionali è per la Relatività Generale molto importante: riuscire a rilevare onde di questo tipo permetterebbe alla fisica di dare un’ulteriore conferma della validità di questa teoria. Inoltre, dato che le onde gravitazionali, al pari dei neutrini, possiedono un alto potere di penetrazione della materia, durante il loro cammino interstellare non possono in pratica venire bloccate dalla materia; di conseguenza è augurabile la nascita di una “astronomia gravitazionale”, da affiancare alle astronomie che si basano sullo studio dell’emissione cosmica sulle bande dello spettro elettromagnetico: le nostre attuali “finestre d’indagine” sull’universo, le astronomie radio, X, gamma e del campo del visibile, potranno essere coadiuvate da un potente mezzo che ci metterà in grado di “vedere” e capire meglio molti processi che tuttora rimangono non osservabili. Ad esempio renderà possibile osservare l’attività dei buchi neri che, non emettendo radiazione elettromagnetica, risultano per ora invisibili all’osservazione astronomica.
L’interpretazione dei segnali gravitazionali sarà anche l’unico mezzo che ci potrà permettere di rilevare la quantità di massa oscura presente nell’universo; così, finalmente, saremo in grado di capire l’origine del cosmo e la sua probabile evoluzione.
Confronto con le onde elettromagnetiche
La teoria della relatività generale formulata da Einstein prevede che le masse accelerate irraggino onde gravitazionali, cioè campi gravitazionali che si propagano alla velocità della luce. Per capire il reale “funzionamento” delle onde gravitazionali può essere utile mostrare le analogie e le differenze con le onde elettromagnetiche. Le onde gravitazionali infatti sono molto simili alle onde elettromagnetiche, in quanto in entrambi i casi le onde sono prodotte da particelle dotate di carica o massa che si muovono di moto accelerato; inoltre, sia le onde gravitazionali che quelle elettromagnetiche trasportano energia, quantità di moto e informazioni.
La differenza fondamentale è nel tipo di propagazione delle onde, che è dipolare nel caso dell’elettromagnetismo, mentre è quadrupolare nel caso di una campo gravitazionale. Questa diversità di comportamento è legata al fatto che, in un sistema di riferimento cartesiano, il campo elettromagnetico è descrivibile con un vettore, quindi attraverso una terna di componenti spaziali; diversamente, il campo gravitazionale va descritto con un tensore, un ente matematico che viene individuato in un riferimento cartesiano da tre vettori, quindi identificabile attraverso tre terne di componenti spaziali. A livello di apparato matematico, si può dire che le equazioni del campo elettromagnetico sono lineari, mentre quelle del campo gravitazionale sono non lineari, in quanto la materia gravitazionale curva lo spazio-tempo e quindi subisce essa stessa le conseguenze della curvatura.
Dal punto di vista quantistico, al campo elettromagnetico è associato il fotone, una particella di massa nulla e spin (momento angolare) unitario, mentre al campo gravitazionale è associato il gravitone, che ha pure massa nulla, ma spin uguale a due; ciò, tradotto in termini più semplici, significa che la forza elettromagnetica può essere di tipo sia attrattivo che repulsivo, mentre la forza gravitazionale può essere solamente di tipo attrattivo.
Queste due diverse particelle si differenziano anche nel tipo di interazione con l’ambiente circostante: il fotone può interagire solamente con cariche elettriche e correnti, e possiede un potere di penetrazione molto basso, tanto da venire in genere assorbito dalla materia; il gravitone è invece in grado di interagire con tutte le forme di energia e materia, ma il suo potere di penetrazione è molto elevato, tanto che le onde gravitazionali riescono ad oltrepassare grandi nubi di polvere e oggetti molto massivi, come le stelle, senza perdere il loro quantitativo di informazioni.
Questo fatto porta ad una ulteriore differenza quantitativa sia nell’emissione che nell’assorbimento delle onde. La forza gravitazionale, a parità di quantità di massa e carica elettrica, dà luogo ad effetti molto più piccoli rispetto alla forza elettrica, poiché il valore della costante G (6,7 x 10-11 m3 s-2 Kg-1) che entra in gioco nel caso gravitazionale è minore di ben 20 ordini di grandezza rispetto alla costante K (9 x 109 m2 s-2 C-1), presente nel caso della forza elettrica. Di conseguenza l’interazione onda-materia nel caso gravitazionale risulta molto più limitata di quella che si ha nel caso elettromagnetico.
Da ciò consegue la grande difficoltà degli esperimenti per la ricerca delle onde gravitazionali, in quanto anche il tipo di apparato sperimentale da utilizzare per lo studio dei due tipi di campo è estremamente differente. Per l’elettromagnetismo è sufficiente studiare l’emissione di luce da parte di atomi accelerati in laboratorio (quindi studiare delle onde prodotte in loco); per rilevare le onde gravitazionali c’è invece necessità di creare strumenti in grado di rilevare un effetto praticamente irrisorio: secondo gli ultimi calcoli teorici, al passare di un’onda gli strumenti di laboratorio dovrebbero registrare una variazione di lunghezza pari ad un milionesimo del diametro di un protone per ogni metro di lunghezza del rivelatore.
Formazione e propagazione di onde gravitazionali
Il meccanismo secondo il quale vengono a formarsi le onde gravitazionali in un punto dello spazio è dovuto a ciò che viene definito ritardo temporale: due masse esercitano tra di loro una forza attrattiva inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza: questa forza, come tutto ciò che agisce nello spazio, non può propagarsi con velocità maggiore di quella della luce. L’onda gravitazionale è proprio il meccanismo attraverso cui il campo gravitazionale si propaga nello spazio.
Un campo gravitazionale si propaga nello spazio in senso radiale, mentre le distorsioni che esso provoca localmente sono perpendicolari alla sua direzione di propagazione. A partire dagli inizi del novecento sono state formulate diverse teorie per determinare la meccanica di queste distorsioni. La teoria della gravitazione di Einstein era di tipo tensoriale: essa prevedeva onde a carattere quadrupolare, e richiedeva, per descrivere il campo gravitazionale in un punto dello spazio, un insieme di dieci valori, chiamati potenziali gravitazionali. La teoria scalare, invece, richiedeva un solo valore per ogni punto dello spazio, indipendente dal sistema di riferimento dell’osservatore. Altre teorie prevedevano delle modifiche alla teoria di Einstein, con una mescolanza di forze scalari e tensoriali. A tutt’oggi il modello teorico più accreditato è quello sviluppato da Einstein, a struttura strettamente tensoriale.
In base a questo modello si pensa che la quantità di radiazione gravitazionale emessa da un corpo dipenda dal grado di disomogeneità nella distribuzione della sua massa (in termini di deviazione del corpo dalla simmetria sferica); la grandezza fisica che misura questa disomogeneità è il momento di quadrupolo. Quando il momento di quadrupolo di un corpo di grande massa subisce variazioni molto rapide viene emesso un gran numero di onde gravitazionali, di intensità e quantità proporzionali alla velocità delle variazioni. La cosa più importante è che la sorgente deve muoversi con rapidità in modo tale da accentuare la sua componente non sferica; per esempio, una stella ovale che ruoti intorno all’asse maggiore non produce onde gravitazionali, ma se ruota intorno all’asse minore diventa un’intensa emittente.
Per capire il tipo di interazione del campo gravitazionale con l’ambiente, supponiamo (figura 1) che l’onda attraversi perpendicolarmente un piano su cui siano disposte delle masse ugualmente distanziate: come mostrato in figura 2, l’onda, nel suo passaggio, provoca l’aumento della distanza fra le masse in una direzione e contemporaneamente la diminuzione della loro distanza nella direzione perpendicolare alla prima: questa variazione di distanza si può definire come l’ampiezza della deformazione prodotta dall’onda. Dopo il passaggio dell’onda, gli stiramenti e le compressioni si invertono periodicamente fino a smorzarsi.
Sorgenti di onde gravitazionali
Fin dagli anni cinquanta sono stati effettuati vari esperimenti allo scopo di rilevare le onde gravitazionali. In passato i nuovi tipi di radiazione venivano studiati producendoli in laboratorio; tale metodo non è utile nello studio delle onde gravitazionali, in quanto l’emissione di questo tipo di onde, da parte di masse da laboratorio, è estremamente debole e statisticamente improbabile: di conseguenza la strategia migliore è quella di cercare la radiazione emessa da masse grandissime, dell’ordine di quelle delle stelle o delle galassie.
Si conoscono molte possibili sorgenti di onde gravitazionali, tra le quali sistemi binari di stelle, pulsar, esplosioni di supernove, buchi neri in vibrazione e galassie in formazione; per ognuna di queste fonti il tipo di segnale emesso dovrebbe possedere un “timbro” caratteristico che individui univocamente il tipo di fonte e la causa dell’emissione.
Un sistema stellare binario, formato cioè da due stelle che orbitano intorno ad un comune centro di massa, dovrebbe produrre onde gravitazionali continue; il periodo fondamentale di queste onde sarebbe pari a metà del periodo dell’orbita delle due stelle. L’emissione gravitazionale più intensa dovrebbe avere un’intensità pari ad h=10-20; la larghezza di banda del ricevitore dovrebbe essere di circa 1500 hertz. Quando un sistema binario muore, le stelle che lo compongono cadono rapidamente verso il centro seguendo una traiettoria a spirale, fino a che collidono o si disintegrano, emettendo onde gravitazionali. Nel caso che il sistema sia formato da due stelle di neutroni, entrambi gli eventi (collisione o disintegrazione) dovrebbero produrre un impulso di onde gravitazionali molto più intenso, a causa del maggiore quantitativo di massa presente nel sistema.
Anche la nascita di una stella di neutroni, dall’esplosione di una supernova, dovrebbe essere annunciata dalla trasformazione di circa lo 0,1% della massa iniziale in onde gravitazionali. Il “timbro” di queste onde dovrebbe essere di tipo pulsato. Il rilevamento di onde gravitazionali provenienti da una supernova permetterebbe di confermare la previsione di Einstein riguardo la loro velocità: se le onde gravitazionali e quelle luminose venissero rilevate simultaneamente, avremmo una conferma diretta che le onde gravitazionali si propagano alla velocità della luce. Un’ulteriore vantaggio nello studio del collasso stellare proviene dal fatto che la radiazione elettromagnetica durante il collasso viene bloccata dagli strati esterni della stella, che nascondono alla vista le fasi più violente dell’esplosione; le onde gravitazionali, che interagiscono così debolmente con la materia da poter attraversare senza attenuazioni l’atmosfera di una stella, potrebbero invece svelare i dettagli più fini del collasso. Il numero di esplosioni di supernova che ci attendiamo nella nostra galassia è circa una ogni 30 anni, con h=10-18, mentre nell’ammasso della Vergine, che conta circa 1000 galassie, ci attendiamo un’esplosione alla settimana, con h=10-21.
Una stella di neutroni giunta alla maturità può essere anch’essa una sorgente di onde gravitazionali se la sua massa non è disposta simmetricamente rispetto al suo asse di rotazione. In questo caso, come per i sistemi binari, le onde sono continue; il loro periodo fondamentale è uguale al periodo di rotazione della stella. Le informazioni ricevute darebbero informazioni sulla struttura interna di queste sorgenti, ancora non completamente conosciuta. La banda richiesta al ricevitore andrebbe da 1 a circa 1000 hertz.
Un’altra possibile fonte di onde gravitazionali è il big bang: le osservazioni più importanti sull’universo primordiale ci vengono dall’osservazione del fondo cosmico di microonde, il resto della radiazione termica che pervadeva l’universo ai suoi inizi. Il rilevamento di un fondo (rumore) cosmico di onde gravitazionali svelerebbe nuovi aspetti del big bang.
Le onde gravitazionali prodotte nelle situazioni descritte avrebbero comunque un impatto estremamente debole ed effimero quando investono la Terra. Nel migliore dei casi, le masse dei rivelatori verrebbero appena sollecitate, con uno spostamento nelle loro posizioni di appena 10-21 metri (un milionesimo del diametro di un protone) per ogni metro di separazione; per questo motivo molti scienziati sono tuttora scettici riguardo la possibilità di rilevare onde gravitazionali nei prossimi decenni.